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Le membra scomposte, il cranio staccato dalle vertebre del collo, la cassa toracica aperta, le ossa spezzate. Come se su quel corpo si fosse scatenata la furia di un vandalo. Ma i resti sottoposti a questi macabri rituali nascondono in realtà un’altra storia. La storia dei Vampiri del New England.

UNA TOMBA RISALENTE AL 1800 DI UNA PRESUNTA VAMPIRA
Non bisogna infatti sprofondare nel buio Medioevo per trovare gli effetti atroci di questacredenza atavica. Da millenni, l’uomo teme gli spiriti maligni, che a volte ha creduto di veder incarnati in creature orrende assetate di sangue. Ma questa ossessione, resistendo tenace allo sviluppo scientifico, all’Illuminismo e alla Rivoluzione industriale, è sopravvissuta fino all’inizio del ’900.
Il caso scoperto negli Stati Uniti è emblematico e ha coinvolto intere comunità agricole del nord della Nazione, dal New England al Connecticut, dal Massachussets a Rhode Island. Nei loro ameni cimiteri, realizzati come accade nei Paesi anglosassoni in ampi spazi verdi, non tutti i morti hanno riposato in pace. In decine di tombe, infatti, i ricercatori hanno trovato corpi stravolti.
“Lo scheletro appariva come… riarrangiato“, ricorda Nick Bellantoni, a capo della campagna di scavi condotta negli anni ’90 a Griswold, in Connecticut. “Era decapitato, il cranio era posizionato tra le costole, le ossa lunghe spezzate. Sembrava il Jolly Roger, il simbolo dei pirati. Non avevo mai visto nulla del genere“. In quella bara era stato deposto, nel 1830, un cinquantenne dalle iniziali J.B. Tutto faceva pensare che l’opera vandalica su di lui fosse avvenuta circa 5 anni dopo la sepoltura. Ma perchè?

Mentre i resti venivano esaminati dal Museo Nazionale di Medicina ed Igiene di Washington, Bellantoni approfondiva le sue ricerche invitando storici ed archeologi ad avanzare ipotesi. Finalmente un collega gli chiese:”Ma non hai mai sentito parlare deiVampiri di Jewett City?” In quella cittadina, nel 1854, gli abitanti avevano riesumato decine di cadaveri, credendo che fossero mostri sanguinari che di notte risorgevano per uccidere i vivi. Lo testimonia un giornale dell’epoca.

DA UN GIORNALE DELL’EPOCA, LA NOTIZIA DI UNA RIESUMAZIONE
Lo scempio sul corpo trovato a Griswold coincideva temporalmente con questa caccia al vampiro. Probabilmente, la paura si era rapidamente diffusa nelle aree vicine. Dunque, quello di J.B. poteva essere uno dei tanti poveri corpi dissotterrati, smembrati e poi di nuovo seppelliti. Anche lo sventramento del cadavere aveva un senso, in questa logica aberrante: evidentemente gli avevano voluto strappare il cuore.
Nel desiderio di capire tutta la vicenda, il ricercatore del Connecticut aveva chiesto un parere ad un noto esperto di folklore, Michael Bell, la massima autorità in quanto a  vampiri americani. Bell infatti ha dedicato molti anni nella analisi di queste singolari riesumazioni. Ne ha studiate un’ottantina in Minnesota e soprattutto nel New England. Ma altre centinaia aspettano ancora di essere scoperte.
Il suo libro “Cibo per il morto: sulle tracce dei Vampiri del New England” è un punto di riferimento, oggi, per tutti i ricercatori del settore. Ma l’autore  ora sta preparando un seguito: nel nuovo volume  tratterà proprio dei vari casi individuati di recente. “La punta di un iceberg”, dice sicuro mentre continua a cercare manoscritti, consultare biblioteche, esaminare lapidi nei vecchi cimiteri. “Mi piace vedere come questa credenza cambi a seconda delle comunità e dei periodi, anche perchè è giunta fino adepoche prossime a noi“, spiega.
In questi decenni di studi, è arrivato ad una  ipotesi per spiegare questa isteria collettiva. A suo avviso, la caccia al vampiro si scatenava in concomitanza diepidemie di tisi. La tubercolosi era una malattia invalidante e quasi sempre mortale: chi era affetto dal “mal sottile” si indeboliva sempre di più, fino alla fine. Morivano di tisi anche i giovani apparentemente sani e  robusti, che all’improvviso incominciavano ad essere pallidi, consunti, emaciati. Proprio come il classico ritratto del vampiro…

IL LIBRO DI MICHAEL BELL, UNA “BIBBIA” IN MATERIA VAMPIRI AMERICANI
Non solo. Chi moriva, spesso lasciava mogli, figli e fratelli già contagiati dalla stessa malattia. E così a distanza di pochi mesi, la famiglia già toccata dal dramma  subiva un’altra perdita, poi un’altra ancora. E magari si ammalavano anche i vicini, gli amici. Per spezzare il ciclo mortale, la tomba dell’”untore” veniva scoperchiata e si procedeva al rituale.
Ci sono vari indizi a suffragio di questa teoria. La prima ondata di tubercolosi, nel New England, risale al 1730. Pochi anni dopo, scoppiò la prima psicosi. Ma la più grande epidemia si verificò  all’inizio del 1800: si calcola che almeno un quarto della popolazione venne decimata in pochi anni. Una fine orribile: febbre alta, tosse sanguinolenta, totale debilitazione fisica. Quei corpi diafani, con le orbite scavate, ilviso smunto e gli arti dinoccolati,  facevano paura. “Sembrava davvero che qualcuno stesse loro succhiando il sangue“, chiosa Bell. Le analisi sulle ossa di J.B. hanno poi confermato che anch’egli era stato stroncato dalla tisi.

UN CIMITERO DEL NEW ENGLAND
Certo, sorprende che questa credenza si sia diffusa in tempi così vicini a noi. Nel 1882,Robert Koch aveva individuato il batterio che provoca la tubercolosi: c’era dunque laspiegazione scientifica a quella consunzione. Ma nelle aree rurali degli Stati Unitipochi leggevano, pochissimi erano informati dei progressi della scienza e i medicinali contro la Tbc non furono disponibili, in queste zone, fino al 1940. Pensare all’opera di un vampiro non doveva sembrare così assurda, all’epoca.
A seconda dei periodi e delle zone, i rituali di esumazione potevano differire. Nel Maine e in Massachussets, i morti ritenuti colpevoli dell’epidemia venivano semplicemente ribaltati a faccia in giù nella tomba: tanto bastava a non farli più tornare tra i vivi. Nel Connecticut, a Rhode Island e nel Vermont veniva estratto dal loro petto il cuore e poi bruciato: si pensava che inalarne il fumo servisse come cura. In alcune zone la cerimonia avveniva clandestinamente, di notte, altrove invece eraquasi come una festa di paese.
“Da appassionato di folklore, mi sono chiesto spesso come sia potuto accadere. Ma quando l’essere umano si trova in una situazione di pericolo, quando non trova soluzioni attraverso i canali tradizionali, l’elemento soprannaturale rimane l’ultima possibilità. Anzi, a volte è l’unica speranza”, spiega Bell. Un’extrema ratio del tutto irrazionale che ha portato i trisavoli degli Americani di oggi a compiere rituali voodoosui loro morti. Ma c’è una cosa che rattrista ancora di più l’etnologo:” I vampiri sono diventati, da fonte di terrore, solo un motivo di intrattenimento. Così si volgarizza una materia per me estremamente affascinante.”
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ESISTE LA PIETRA FILOSOFALE

tra le cui capacità ci sarebbe stata quella di tramutare i metalli vili in oro? Secoli di alchimia e di chimica hanno dimostrato di no, ma una nuova installazione a metà tra arte e scienza sembra aver trovato nella biologia una nuova risposta alla domanda.I ricercatori della Michigan State University hanno utilizzato il batterio Cupriavidus metallidurans per creare minuscole pepite d’oro a partire dal cloruro aurico (AuCl3), un sale d’oro dell’acido cloridrico estremamente tossico per la maggior parte delle forme di vita conosciute.Il Cupriavidus metallidurans è un batterio che può essere considerato a tutti gli effetti un estremofilo per via della sua capacità di resistere ad alte concentrazioni di metalli pesanti. E’ un microrganismo che ha già trovato applicazioni pratiche in campo scientifico e industriale, ad esempio nel rilevamento di metalli pesanti in ambienti contaminati, ma l’utilizzo pensato dal gruppo di Kazem Kashefi, professore di microbiologia dell’università, è del tutto nuovo e inaspettato.

 

STIAMO FACENDO ALCHIMIA MICROBICA

trasformiamo qualcosa che non ha valore in un metallo prezioso solido dotato di valore” ha spiegato Kashefi. “E’ neo-alchimia. Ogni parte e ogni dettaglio del progetto sono a metà strada tra la moderna microbiologia e l’alchimia. La scienza tenta di spiegare il mondo fenomenologico. Come artista, tento di creare un fenomeno. L’arte è la capacità di spingere la ricerca scientifica” sostiene Adam Brown, professore di arte elettronica dell’università e membro del team di ricerca.Anche un altro microrganismo, il Delftia acidovorans, è noto per la sua abilità di scomporre il cloruro aurico in oro, ma ha la spiacevole abilità di trasformare il metallo prezioso in nanoparticelle che tengono ad accumularsi nel terreno sotto forma di pepite dopo un tempo francamente troppo lungo per un’esposizione artistica.Il C. metallidurans si è dimostrato resistente ai metalli pesanti ben 25 volte di più di quanto si sospettasse in precedenza, ed è anche per questo motivo che è stato scelto per l’installazione artistica dal titolo “The Great Work of the Metal Lover”, un esperimento ai confini tra arte e scienza in cui il batterio crea oro a 24 carati all’interno di un bioreattore.

KASHAFI E BROWN

hanno alimentato i C. metallidurans con dosi massicce di cloruro aurico, dosi che tuttavia non sembrano aver avuto conseguenze sul metabolismo di questi batteri. Come sottoprodotto della digestione del cloruro aurico, i C. metallidurans producono piccole pepite d’oro, visibili attraverso il vetro del bioreattore.Se già state volando con la fantasia immaginando enormi bioreattori popolati daC. metallidurans che sfornano pepite d’oro a non finire, i ricercatori tengono a precisare che riprodurre il loro esperimento su larga scala sarebbe del tutto proibitivo in termini di costi.Ma la ricerca sul C. metallidurans, oltre a fornire preziose informazioni sulle conseguenze cellulari della contaminazione da metalli pesanti, potrebbe aiutare a trovare nuove strade per l’approvvigionamento di alcuni elementi così importanti per l’economia moderna, strade possibilmente più ecosostenibili di quelle percorse oggigiorno.


21 dicembre 2012. La data fatidica che i Maya avrebbero indicato come giorno della fine del mondo si avvicina. Se ne sente parlare ormai da mesi, in modo a volte quasi ossessivo. Eppure, il misterioso popolo del Centroamerica non è l’unico ad aver predetto un simile evento di portata planetaria in concomitanza con il ritorno degli Dei. Ne sono piene anche le tradizioni dei Nativi Americani- i Pellerossa, per intenderci.


“È vero, ce ne sono molte e sono relative soprattutto agli Hopi, una tribù del sud-ovest americano. Gli Hopi hanno ricevuto questi insegnamenti, scolpiti su roccia, da un ‘kachina’- per loro i kachinas sono i ‘grandi maestri’ – detto Kachina Massau , una sorta di avatar che scende sulla Terra e dona  loro un corpo profetico diviso in due tronconi, uno che riguarda il popolo Hopi e uno che riguarda l’intera umanità.”
A parlare è Enzo Braschi, l’attore reso celebre dal personaggio del “paninaro” nel fortunato programma tv “Drive In” e protagonista di tanti film. Ma dietro i panni del comico, si nasconde un grande esperto della cultura di questi popoli. Laureato in filosofia, con una tesi sulla spiritualità dei Nativi Americani delle Grandi Praterie, Braschi oggi è  uno dei pochi “visi pallidi” ammesso alle loro cerimonie più sacre. Quindi, la sua è una conoscenza molto profonda.
“Ci sono stati dei riscontri a queste profezie, ad esempio a tutte quelle che parlavano dell’arrivo dell’uomo bianco, che avrebbe portato pali dai quali passa la voce, le rotaie, il treno… “, mi spiega. Alcune di queste visioni del futuro sono molto curiose. “Infatti,  una dice : <Ci sarà un tempo in cui i Bianchi porteranno i capelli lunghi e professeranno l’amore per Madre Terra come noi> e  si riferivano agli hippy. Addirittura un’altra dice che un giorno le donne accorceranno le loro gonne… Quindi davvero molto attuale! Ma macrocosmicamente previdero anche l’avvento del Nazismo e la bomba atomica su Hiroshima.”

Non solo. Anche gli Hopi, nel loro corpus profetico rivelato da questa entità scesa dal cielo, parlano di un avvicendamento di mondi diversi. L’attuale, quello che per loro era il ‘quarto mondo’, starebbe per finire. “Videro l’arrivo di un quinto mondo- conferma Enzo Braschi- ma non in modo cruento. L’Armageddon, se così vogliamo chiamarlo, è il conflitto tra materialismo e spiritualità, ovvero segna il decadere di vecchi valori e codici che ormai hanno fatto il  loro tempo, per l’inizio di una nuova spiritualità che ci vedrebbe tutti correlati e uniti, proiettati in un futuro di veri fratelli, non più in competizione gli uni con gli altri.
In fondo però è lo stesso concetto espresso dai Maya, anche se i due popoli non si sono mai conosciuti. Anche loro individuarono il crollo di un quarto sole e l’avvento di uno nuovo, il quinto, dopo la fine del ‘Lungo computo’, che durava  5125 anni: infatti inizia nel 3113 e finisce, simbolicamente, nel 2012. Ma non è la fine del mondo. È la fine di un modo comportamentale e di un mondo troppo materiale.  Guarda caso, la ‘Valle dei nove inferni’, come la chiamavano gli Hopi, parte nel 1492 mentre il ‘Tempo dei 13 cieli’ incomincia proprio nel 2012…”
Una profezia dunque rassicurante, che annuncia un nuovo periodo di pace e di unitàtra tutti gli esseri umani, ma anche il ritorno imminente sulla Terra degli stessi Kachinas. Sembrano riecheggiare le parole di tanti altri testi sacri che proclamano l’avvento prossimo di un dio. Divinità che nelle diverse culture spesso assume caratteristiche così umane da far pensare che si tratti di una creatura in carne ed ossa proveniente, forse, da altri mondi o da altre dimensioni, come sostiene la Teoria degli Antichi Astronauti.
“Bè, Massau è un kachina e i Kachinas sono messaggeri del Popolo delle Nuvole. I Maya li chiamavano Moxul- che vuol dire ‘guardiani’- gli Antichi Egizi invece Neteru, che significa sempre ‘guardiani’, i Sumeri citavano gli Anunnaki (“Coloro che dal cielo scesero sulla Terra”), nella Bibbia si parla di Elohim,  i Dogon del Mali sub-sahariano li chiamano Nommu…
Compare un riferimento simile anche tra i Cherokee e tra le altre etnie dei Nativi Americani: c’è sempre stato un grande rapporto con il sopra e la Terra era lo specchio del sotto. Nello specifico, gli Hopi dicono che i Kachinas sono stati i primi maestri che hanno portato i dettami della civiltà e che ci hanno insegnato la fratellanza, che poi è il messaggio salvifico di ogni religione”.
Insomma, ci sarebbe una sorta di “fil rouge” che collega- nonostante le distanze nello spazio e nel tempo- civiltà sorte in diversi continenti e in diverse epoche? “Secondo me, sì- afferma sicuro Braschi. “C’è un filo conduttore che mi fa capire che è effettivamente reale quello che viene detto nelle varie mitologie, che mitologie non sono. Se dicono le stesse cose gli Inca, i Maori, gli aborigeni australiani, i testi sacri tibetani, i Dogon, i Maya, gli Aztechi… credo ci sia qualcosa. Non si conoscevano, non parlavano la stessa lingua, però ci hanno lasciato uno stesso corpo profetico di insegnamenti.
Non dimentichiamoci poi che c’è un’altra stele maya venuta alla ribalta della cronaca da poco, anche se ritrovata molti anni fa, sempre in Messico, dove si annuncia che ci sarà la fine di un mondo- non del mondo-  ma anche l’avvento di un grande maestro delle stelle che verrà, non credo per esigere il conto- cosa che potrebbe pretendere, visto quello che abbiamo fatto al pianeta e a noi stessi- ma per ristabilire un ordine morale, per insegnare di nuovo che dobbiamo rispettare ogni forma di vita.

I Nativi Americani dicono: <I Popoli delle stelle ritorneranno perchè sono ansiosi di farci comprendere che dobbiamo superare tutte le barriere razziali, religiose, linguistiche per ricollegarci gli uni agli altri, per riunirci a Madre Terra e alle stelle, così da avereaccesso al mondo superiore, quello spirituale. Saremmo molto attesi da loro, se smettessimo di essere così stupidi.”
Mentre i Maya hanno fissato una data- quel 21 dicembre 2012 tanto vicino- nelleprofezie Hopi invece manca il giorno esatto in cui inizierà questa nuova fase dell’Umanità. Ma il kachina Massau ha lasciato detto quali saranno i segnali per capire che il momento è giunto. “Una delle ultime profezie dice che ci saranno due segni principali”- dice Enzo Braschi.
“Il primo: quando la luna comparirà sulla Terra. Forse è un riferimento ai tanti Crop Circle che riportano il disegno della falce lunare. Il secondo: quando una cometa tornerà. Molti pensano alla cometa Hale-Bopp, già passata nel 10.500 a. C quando dicono che scomparve Atlantide, poi ancora duemila anni fa per la nascita del Cristo e molto di recente, nel 1997.”
Altri interpreti, invece, associano la “Blue Kachina”- questa stella che annuncerà il ritorno degli Dei- alla cometa appena scoperta dagli astronomi, chiamata Ison. È già entrata nel nostro sistema solare e sarà  visibile nel nostro emisfero con un normale telescopio dal mese prossimo.  Ma poi, dopo essersi avvicinata in modo straordinario al Sole, dovrebbe diventare così luminosa da poter essere ammirata ad occhio nudo in pieno giorno per due mesi, dal novembre 2013. Se davvero questo fosse il segnale, bè, mancherebbe poco.

“Per gli Hopi, questo corpo celeste in realtà è fatto da entità spirituali che possono assumere forma umana. Così i Kachinas torneranno nelle piazze degli antichi Pueblos e danzeranno togliendosi la maschera e mostrando le loro vere sembianze. Questo perché da sempre queste creature, nelle cerimonie sacre, vengono impersonate da Hopi che danzano con maschere terribili. Gli Hopi dicono:< I Kachinas sono brutti, ma non bisogna amare solo ciò che appare bello, ma ciò che è bello dentro anche se l’aspetto esteriore non lo è> .
Infatti Kachina Massau non era per niente attraente: era piccolo, con grandi occhi e mi fa pensare fosse un alieno Grigio che si è manifestato loro! Dunque l’avvento dovrebbe essere imminente, come ho detto in un libro che ho scritto poco tempo fa, intitolato ’2012: l’anno del contatto’. Ribadisco: non sarà  la fine del mondo, ma l’inizio di una nuova era. Quindi spero che i Kachina o i Neteru o gli Anunnaki si facciano vivi e ci rimettano un po’ insieme.
Credo che l’umanità sia pronta, c’è una massa critica in aumento, ci sono sempre più persone consapevoli che i vecchi valori hanno fatto il loro tempo e che dobbiamo rimpossessarci di noi stessi. Inoltre  l’era dei Pesci sta finendo e comincia quella dell’Acquario: dobbiamo  la luce per illuminare il mondo. È venuto il Cristo, sono venuti tanti avatar a mostrarci la via dello spirito, ma ora spetta a noi.”

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Gli inspiegabili suoni dal fondo dell’oceano

Pubblicato: 12 settembre 2012 da Ronnie jv in Pink Ink, The Ronnie's Corner
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suoni-inspiegabili-oceano.jpgSi dice che l’uomo conosca meglio la superficie della Luna, che la profondità degli oceani. Effettivamente, gli abissi oceanici sono l’ultima grande frontiera dell’esplorazione umana. I mari del nostro pianeta sono in gran parte inesplorati, soprattutto per le condizioni ambientali proibitive che bisogna affrontare nelle profondità degli abissi.
Forse è proprio per questo motivo che gli oceani riservano ancora numerose sorprese agli esploratori e sono luoghi dove è possibile ancora registrare fenomeni inspiegabili. Tra questi, bisogna segnalare numerosi e insoliti suoni provenienti del fondo degli oceani. Gli scienziati di tutto il mondo sono alle prese con un fenomeno che è ancora avvolto nel mistero e che stenta a trovare una spiegazione scientifica. Che cosa genera questi insoliti rumori? Grossi animali degli abissi non ancora individuati? Le correnti oceaniche? O forse, qualcos’altro?

Ecco la lista dei suoni non ancora spiegati dalla scienza:

Bloop
Nell’estate del 1997, il NOAA, con l’ausilio di un idrofono equatoriale, registrò più volte un suono misterioso proveniente dagli abissi dell’Oceano Pacifico. Il suono aumentava rapidamente in frequenza per circa un minuto, ed era di ampiezza sufficiente per essere ascoltato dai sensori ad una distanza di oltre 5.000 chilometri. L’origine del suono – battezzato “The Bloop” – è, come ammette il NOAA – di origine sconosciuta. La fonte è da collocarsi a 50°S, 100° W.
Si è pensato che il suono fosse una vocalizzazione di un qualche organismo vivente degli abissi, ma i ricercatori affermano che nemmeno la balena blu è tanto grande da poter generare un suono così intenso. In realtà, nessuna creatura conosciuta sulla Terra è in grado di generare questo suono. “Le onde sonore sono quasi come impronte vocali”, spiega Christopher Fox dell’U.S. National Oceanic and Atmospheric Administration’s Acoustic Monitoring Project a Portland, Oregon. “Osservando alcune caratteristiche del suono, siamo in grado di riconoscere a quale animale appartenga, o se è un suono generato dal motore di una barca”. Ma il Bloop, secondo gli scienziati, rimane il mistero. [Ascolta il suono Bloop].

Julia
Il suono è stato registrato il 1° marzo 1999, dall’idrofono equatoriale del Pacifico. La fonte del suono è sconosciuta, ma è possibile collocare le coordinate della fonte approssimativamente a 15°S, 98°W. La durata del suono è di circa 15 secondi. [Ascolta il suono Julia].

Treno
Questo suono è stato registrato il 5 marzo 1997. Anche in questo caso, la fonte del suono è sconosciuta. [Ascolta il suono Treno].

Slow Down
Questo suono è stato registrato 19 mag 1997. Il suono scende lentamente in frequenza nel giro di 7 minuti ed era di ampiezza sufficiente per essere ascoltato da tre idrofoni distanti tra loro 2.000 km. L’origine è da collocarsi approssimativamente a 15°S, 115°W. La fonte del suono è sconosciuta. [Ascolta il suono Slow Down].

Fischio
Questo suono è stato registrato da un idrofono autonomo collocato a 8°N, 110°W, il 7 luglio 1997 e non è stato rilevato da nessun altro idrofono. La banda di energia è tra 1 e 6 Hz. [Ascolta il suono Fischio].

Upsweep
Questo suono è stato registrato la prima volta nel mese di agosto, 1991. Si compone di una serie di suoni della durata di parecchi secondi ciascuno. Il livello della sorgente fu abbastanza alto, tanto da poter essere ascoltato in tutto il Pacifico. Cosa singolare, si tratta di un suono stagionale, con dei picchi in primavera e in autunno. La sorgente si trova a 54°S, 140°W, nei pressi di alcune strutture vulcaniche, che, si ipotizza, potrebbero essere all’origine dei suoni. [Ascolta il suono Upsweep].

Fonte


Per anni, da molti, è stata considerata alla stregua di una leggenda metropolitana: l’autocombustione, ossia la possibilità che un corpo bruci in modo spontaneo fino a carbonizzarsi, per una misteriosa reazione chimica cellulare e senza fonti esterne di innesco, sembrava solo una fantasia. Ma ora un docente di Cambridge, sicuro dellafondatezza scientifica del fenomeno, sostiene di aver anche capito cosa può provocarla.

 

Il primo caso del genere testimoniato dalla storia della medicina risale al XV secolo, proprio in Italia. La sfortunata vittima dell’autocombustione fu un cavaliere di Milano, tale Polonio Vorzio (Polonius Vorstius, alla latina) che andò a fuoco da solo dopo aver bevuto un bicchiere di vino, davanti allo sguardo terrorizzato dei famigliari. Era il 1470, ma a riferire la vicenda fu, quasi due secoli dopo, nel 1641, il medico e matematico danese Thomas Bartholin.

Da allora, si sono susseguiti nel corso del tempo altri rari, ma eclatanti episodi di fiamme spontanee. Atroce fu la morte della contessa Cornelia Di bandi, nel 1731 a Cesena. La trovarono a terra, tra il letto e la finestra della camera, con le dita, le gambe e la testa carbonizzate. Il resto del corpo era intatto, come pure la camera. Unica traccia del rogo, la fuliggine, che copriva il pavimento e il pane posato sul tavolino accanto al letto.

In tempi più recenti, si ricorda il caso di un senzatetto, trovato moribondo in una strada della Gran Bretagna, nel 1967: un vigile del fuoco raccontò di aver visto una fiamma bluastra uscire dal suo addome. Mentre in Florida, una signora venne trovatacarbonizzata in salotto. Con lei erano bruciati una pila di giornali e l’area della moquette su cui giaceva il corpo, ma tutta la mobilia era in normali condizioni. Così  il cadavere: si era ridotto in cenere, tranne la testa  e una gamba, perfettamente intatte.

L’ultimo episodio di morte inspiegabile attribuita all’autocombustione umana risale ad appena due anni fa, nel dicembre del 2010. Pochi mesi dopo, la relazione sottoscritta dal coroner di West Galway giustificò la fine di un anziano trovato completamente bruciato in una camera per il resto in ordine proprio comeconseguenza di un rogo spontaneo.  Fenomeni dunque eccezionali, ma difficilmente archiviabili solo come il frutto di superstizioni o leggende.

I pochi studiosi che in passato hanno affrontato l’argomento hanno sempre puntato il dito sull’ alcolismo: in sostanza, le fiamme scaturirebbero all’interno del corpo in presenza di una quantità eccessiva di etanolo. Altri ricercatori- come il dottor Gavin Thurston, medico legale londinese- pensavano che a scatenare le fiamme potesse essere il grasso corporeo assorbito dagli abiti, che produceva un effetto “stoppino” bruciando anche a temperatura ambiente.

Il professor Brian J.Ford, biologo molecolare, ha deciso di mettere alla prova queste teorie. Ha così preso della carne di maiale- per la precisione tessuto addominale– e la ha marinata per una settimana in etanolo.  Niente da fare: non ha preso fuoco, neppure quando l’ha avvolta in una garza inumidita nell’alcol etilico.

“L’etanolo non c’entra– ha concluso il ricercatore di Cambridge- anche perché non è normalmente presente nei tessuti umani. Ma c’è, invece, un’altra sostanza chimica altamente infiammabile prodotta dalle nostre cellule e la cui concentrazione può aumentare in particolari frangenti: l’acetone.

“In alcune condizioni- come  l’alcolismo, una dieta priva di grassi, il diabete e persino la dentizione- il corpo sviluppa la chetosi, nella quale si produce l’acetone”, ha spiegato Ford. Ha così provato ad intridere il maiale in questa sostanza chimica. “Abbiamo fatto dei modelli in scala umana e li abbiamo persino vestiti. Abbiamo acceso un fuoco e nel giro di mezz’ora i maiali erano ridotti in cenere. Per la prima volta, abbiamo dimostrato sperimentalmente  che l’autocombustione è reale.”

 

Fonte